Dopo aver vinto il premio Pulitzer per la narrativa nel 2014 con il suo terzo e ultimo libro, Il cardellino – qui la mia recensione – Donna Tartt è stata scoperta in Italia da una grande quantità di lettori. I suoi primi due romanzi, pur tradotti e pubblicati anche nel nostro paese, non erano arrivati al grande pubblico. Ma la bellezza e la grandezza de Il cardellino è tale che forse a molti è venuta voglia di recuperare i due libri precedenti, nella speranza di restare rapiti nuovamente dalla scrittura coinvolgente e profonda di questa scrittrice. Io, per esempio sono una di quelli. Questa estate al mare, pigramente rilassata sulla spiaggia, ho goduto della condizione migliore per lasciarmi trasportare dentro un libro, anzi tre.
Dio di illusioni, primo libro della Tartt, è stato pubblicato nel 1992, dieci anni prima del suo secondo libro, venti anni prima del suo terzo. Sembra infatti che a questa scrittrice servano dieci anni per terminare un romanzo. E come biasimarla? I risultati le danno ragione, non vorremmo niente di meno di quello che ci regala.
Questo suo d’esordio è un romanzo molto bello, tanto che quando uscì ebbe un grande successo vendendo cinque milioni di copie. Questo libro ci riconduce ai temi presenti anche ne Il cardellino: anche qui il protagonista è un ragazzo alle prese con un percorso di crescita; anche questo è, in un certo senso, un romanzo di formazione.
Ritorna la mancanza di figure familiari che proteggano e guidino il giovane. Inoltre è sempre presente – e protagonista principale – la solitudine, lo stato di abbandono in cui versa Richard, l’io narrante, che incarna un’anima ricca di talenti e speranze la quale dovrà però scontrarsi con prove esistenziali molto dure, per le quali non è attrezzata moralmente.
Catapultato, grazie alle proprie brillanti capacità intellettuali, da una polverosa cittadina della California a un college immerso nei boschi freschi e verdeggianti del Vermont, non si accontenterà di vivere la propria vita da studente con borsa di studio. Farà invece l’errore, forse inevitabile per chi non è mai appartenuto a nessun gruppo – nemmeno alla propria famiglia – di voler entrare a far parte di una ristretta cerchia di ragazzi, cinque per la precisione, che studiano il greco antico con un docente che il college paga solo per loro.
Il libro si apre con la confessione dell’omicidio che questo gruppo ha commesso ai danni di un loro amico. Ma questo non è l’unico delitto che appare nel libro. Richard ripercorre le vicende che lo hanno portato a commettere azioni irreparabili insieme ai suoi amici. Un complesso di motivi materiali e di incapacità morali. La giovane età dei ragazzi, tutti sulla ventina, potrebbe sembrare un’attenuante. Ma forse lo è solo nella misura in cui le famiglie e i genitori di questi ragazzi vengono raccontati come assenti o incapaci. Chi aveva il dovere di formare le loro coscienze? Chi ha permesso che un vuoto di valori creasse caverne paurose dentro di loro? Nessun educatore si salva in questo libro: non i genitori di Richard, addirittura sollevati nel saperlo finalmente lontano; non il carismatico, ma pavido e vanitoso, docente di greco intorno al quale si raccoglie il gruppo e con il quale studiano quel Dioniso “Dio di illusioni” che ti fa vedere il mondo come non è, la divinità che rappresenta la parte selvaggia e istintiva dell’uomo, quella che, se non sorretta dall’intelletto, può diventare violenta, tema attorno al quale ruota tutta la parte legata alla degenerazione del gruppo di amici; non quel professore che cerca di dissuadere il protagonista dall’unirsi a quella piccola élite sprezzante e isolata, perché nel farlo non ha a cuore l’interesse del ragazzo bensì meschine rivalità tra colleghi; non il datore di lavoro che si disinteressa dell’incolumità di Richard fino a condurlo in punto di morte.
Questi ragazzi si devono salvare da soli, o almeno sarebbe quella la loro intenzione. Solo che per farlo non trovano soluzione migliore del commettere un delitto.
Leggendo il libro occorre tener presente che è stato scritto, ed è ambientato, negli anni ottanta. Il che spiega alcune “stranezze” che potrebbero stupirvi nella lettura, come per esempio il fatto che non usino il cellulare e che non si scrivano email, nonostante facciano le stesse cose che fanno i ragazzi di oggi: sesso promiscuo, alcol e tanta droga.
Un romanzo che racconta come sia difficile, per un giovane cuore senza guida e preda delle pulsioni e curiosità della gioventù, riconoscere e distinguere il bene dal male.
Donna, Tartt – Dio di illusioni, Rizzoli 1992.
Ah, adesso capisco il significato del titolo… è da riferire a Dioniso e alle sue valenze simboliche. Bella recensione, come sempre scrivi benissimo, penso proprio che leggerò il libro!
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Grazie Alessandra! Se poi lo leggi dimmi cosa ne pensi, non ho ancora avuto modo di confrontarmi su questo libro 🙂
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Il titolo originale è “The secret history” quindi non penso che Dioniso fosse nelle intenzioni della Tartt però l’interpretazione di Alessandra spiegherebbe il titolo tradotto che trovo molto bello ma che non avevo mai capito.
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Il titolo originale era “Il dio delle illusioni” ma poi venne pubblicato con il titolo “La storia segreta”. L’edizione italiana ha evidentemente ripreso il primo titolo.
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Un tema quanto mai attuale visto come molti ragazzi siano oggi abbandonati a se stessi. Lo leggerò
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Purtroppo è vero, gli adulti sono sempre meno educatori, e l’egoismo la fa da padrone.
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bello, anche se non all’altezza del cardellino, inquietante, ma non come “le ragazze” della capacissima Cline
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‘Il cardellino’ è certamente superiore, ‘Le ragazze’ di Emma Cline invece non ‘ho ancora letto ma conto di farlo 🙂
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