Una vita da film quella di Rosa Balistreri, nata in Sicilia nel 1927 in una famiglia poverissima e con una gran rabbia in corpo.

Un padre falegname e forte bevitore di vino, che risponde a tutti i cliché del patriarcato violento e misogino di una terra arretrata e povera. Una madre assoggettata e remissiva. Rosa fa la domestica, lavora al mercato del pesce, spigola i campi e intanto sfoga la rabbia cantando.

Si sposa a sedici anni, matrimonio combinato con Gioacchino Torregrossa, anche se lei avrebbe voluto un altro, ma la madre dell’altro non la volle perché, essendo molto povera, non aveva la dote. Con Gioacchino le cose non andarono bene, Rosa molti anni dopo, durante un concerto, lo definì «Latru, jucaturi e ‘mbriacuni». Dall’unione nasce una figlia, Angela, e lei lavora duramente per preparare il corredo alla figlia. Ma quando il marito si gioca il corredo e lo perde, Rosa tenta di ucciderlo. Scarcerata dopo sei mesi con la condizionale lavora come domestica in casa di una famiglia agiata. Resta incinta del figlio del padrone e viene poi accusata di furto. Trascorre altri sette mesi in carcere, il bambino nasce morto. Una volta fuori accetta di lavorare come custode e sacrestana in una chiesa di Palermo. Ma il prete la molesta, così decide di abbandonare il sottoscala nel quale vive e di usare i soldi delle elemosine per trasferirsi a Firenze insieme a suo fratello.

Anche la madre e una delle due sorelle lasciano la Sicilia e li raggiungono a Firenze. Rosa ha ventiquattro anni e comincia una nuova vita continuando col lavoro da domestica e aprendo poi un banchetto di frutta e verdura. Ma la violenza della sua terra la insegue fino lì. Suo cognato, disonorato dall’abbandono della moglie, l’altra sorella di Rosa, la quale l’aveva lasciato per raggiungere i fratelli a Firenze, la insegue e la uccide, evento che conduce oltretutto al suicidio del padre di Rosa.

Quadro_Rosa_Balistreri
Rosa Balistreri dipinta da Manfredi

Rosa Balistreri vive per vent’anni a Firenze, dodici dei quali come compagna del pittore Manfredi. Insieme a lui entra in contatto con il mondo degli intellettuali e conosce personalità quali Mario De Micheli, che, colpito dalla sua voce, l’aiuta a incidere il suo primo disco con la casa discografica Ricordi; Ignazio Buttitta, che scriverà i testi di alcune sue canzoni; Dario Fo, che la volle nel suo spettacolo teatrale Ci ragiono e canto.

Nel 1966 partecipa allo spettacolo di canzoni popolari portato sulle scene da Dario Fo, dal titolo Ci ragiono e canto. Ha quarant’anni, il volto segnato da una vita tanto intensa e faticosa, gli occhi limpidi e sicuri di chi porta fino in fondo le proprie battaglie; la sua voce ha un timbro arcaico e diretto: la sua presenza drammatica rimane ben impressa negli spettatori, come le canzoni popolari siciliane che interpreta, nelle quali si racconta non solo la miseria ma anche l’orgoglio e lo sdegno del popolo. (Enciclopedia delle donne)

Nel 1971 torna a Palermo e, per salvare l’onore di sua figlia, adotta suo nipote nato da una relazione clandestina. Lo cresce come fosse figlio suo, tanto che ancora oggi Luca Torregrossa, legato a lei da un grande affetto, si considera tale.

Nel 1973 la sua canzone Terra che non senti viene esclusa all’ultimo minuto dal Festival perché risultata non inedita. La cosa suscita un grande scalpore e la Balistreri viene considerata la vincitrice morale di quell’edizione.

«Li ho messi tutti nel sacco. Le mie storie di miseria provocheranno guai a molti pezzi grossi il giorno in cui l’opinione pubblica sarà più sensibile ad argomenti come la fame, la disoccupazione, le donne madri, l’emigrazione, il razzismo dei ceti borghesi… Finora ho cantato nelle piazze, nei teatri, nelle università, ma sempre per poche migliaia di persone. Adesso ho deciso di gridare le mie proteste, le mie accuse, il dolore della mia terra, dei poveri che la abitano, di quelli che l’abbandonano, dei compagni operai, dei braccianti, dei disoccupati, delle donne siciliane che vivono come bestie. Era questo il mio scopo quando ho accettato di cantare a Sanremo. Anche se nessuno mi ha visto in televisione, tutti gli italiani che leggono i giornali sanno chi sono, cosa sono stata, tutti conoscono le mie idee, alcuni compreranno i miei dischi, altri verranno ai miei concerti e sono sicura che rifletteranno su ciò che canto.»

Rosa Balistreri diceva di se stessa:

«Si può fare politica e protestare in mille modi, io canto. Ma non sono una cantante… sono diversa, diciamo che sono un’attivista che fa comizi con la chitarra».
«Ho imparato a leggere a 32 anni. Dall’età di sedici anni vivo da sola. Ho fatto molti mestieri faticosi per dare da mangiare a mia figlia. Conosco il mondo e le sue ingiustizie meglio di qualunque laureato. E sono certa che prima o poi anche i poveri, gli indifesi, gli onesti avranno un po’ di pace terrena».

Nel 1990, all’età di sessantatré anni, muore a Palermo a causa di un ictus cerebrale. È sepolta nel cimitero di Trespiano a Firenze.

Nel 2017 viene prodotto e trasmesso da Rai Storia il film-documentario “Rosa Balistreri, un film senza autore” dedicato alla cantante, con la pubblicazione di alcuni inediti e le testimonianze e l’omaggio di molti intellettuali che con lei collaborarono, fra i quali Andrea Camilleri, Leo Gullotta, Giovanna Marini, Ignazio Buttitta.
Questo documentario è disponibile su youtube.com.

Il 23 febbraio 2018 la Commissione Eredità Immateriali della Regione Sicilia ha accolto la richiesta di iscrizione del bene ‘Cantante Folk Rosa Balistreri’ avanzata dal Comune di Licata, dove la cantante era nata. «Rosa Balistreri ha rappresentato magistralmente le asprezze di una terra difficile elevando le difficoltà di una situazione soggettiva a condizione umana collettiva, tanto che è riuscita a farsi apprezzare ben oltre i confini dell’isola e ricevendo validi riconoscimenti.»

In questo video Rosa Balistreri canta Terra ca nun senti, il brano che non fu ammesso a Sanremo 1973.

Terra ca nun senti (Terra che non senti)

Malidittu ddu mumentu ca raprivo l’occhi ‘nterra ‘nta stu ‘nfernu
Maledetto dal momento in cui ho aperto gli occhi su questa terra, in questo inferno
Sti vintanni di turmentu cu lu cori sempri ‘nguerra notti e jornu
Questi vent’anni di tormento con il cuore sempre in guerra notte e giorno

Terra ca nun senti – Terra che non senti
Ca nun voi capiri – Che non vuoi capire
Ca nun dici nenti vidennumi muriri – Che non dici niente vedendomi morire

Terra ca nun teni – Terra che non trattieni
Cu voli partiri – Chi vuole partire
E nenti ci duni pi falli turnari – E niente gli doni per farlo tornare

E chianci chianci – E piangi piangi
Ninna oh! – Ninna oh

Malidittu ‘sta cunnanna, ca ti ‘nchiova supra a cruci d’a spiranza!
Maledetta questa condanna che ti inchioda alla croce della speranza!
Malidittu cu t’inganna prumittennuti la luci e a fratillanza
Maledetto chi ti inganna promettendoti la luce e la fratellanza

In questo video invece un frammento della ripresa televisiva dello spettacolo teatrale “La ballata del sale” del 1979 di Salvo Licata. Interprete principale Rosa Balistreri per la quale Licata scrisse appositamente questa ballata traendo spunto dalle esperienze di vita reale della Balistreri. Potete vedere lo spettacolo in versione integrale cliccando QUI.

Oggi l’abbiamo un po’ di menticata ma alcuni cantanti continuano a renderle omaggio. Questo video risale al 29 gennaio 2011, Carmen Consoli canta Cu ti lu dissi e racconta la sua ammirazione per Rosa Balistreri.

Cu ti lu dissi (Chi te l’ha detto)

Cu ti lu dissi ca t’haju a lassari – Chi te l’ha detto che ti devo lasciare
Megliu la morti e no chistu duluri – Meglio la morte che questo dolore
Ahj, ahj, ahj moru moru moru moru – Ahj muoio
Ciatu di lu me cori l’amuri miu si tu – Fiato del mio cuore, l’amore mio sei tu

Cu ti lu dissi a tia nicuzza – Chi te l’ha detto a te piccolina
Lu cori mi scricchia, a picca a picca a picca – Il cuore mio si lacera, a poco a poco.
Ahj, ahj, ahj moru moru moru moru – Ahj muoio
Ciatu di lu me cori l’amuri miu si tu – Fiato del mio cuore, l’amore mio sei tu

Lu primu amuri lu fici cu tia – Il primo amore l’ho fatto con te
E tu schifiusa ti stai scurdannu a mia – E tu ingrata ti sei scordata di me
Paci facemu oh nicaredda mia – Pace facciamo oh piccolina mia
Ciatu di l’arma mia, l’amuri miu si tu – Fiato dell’anima mia, l’amore mio sei tu