Tutte le volte che non è stata una violenza sessuale, tutte le volte che è stato cosi banale
*
Quella volta che
Le mani, ricordo solo le mani,
Ci troviamo già davanti alla porta
L’una di fronte all’altro
Mi preparo ad aprire per andare via
Forse gli ho già stretto la mano
In un formale segno di saluto
E sono vestita
Ho il cappotto
Vedo solo le sue mani che si avvicinano
Come in una lente d’ingrandimento
All’improvviso
Sollevano il mio maglione, la maglietta
Non porto reggiseno
E si piazzano sui miei seni
Ci si agitano sopra palpandoli
È un attimo
Poi basta
Non capisco bene cosa stia succedendo
Appoggio la mia mano sulla maniglia, apro la porta e vado via
Salutando educatamente
Non ricordo altro
Non il viso né di cosa abbiamo parlato
Ancor meno della visita medica
Solo le mani tozze da uomo di una certa età
E il sentimento che ci sia qualcosa che non funziona nella sequenza dei gesti
Lui è il mio ginecologo
È il primo appuntamento che abbiamo
Quello che mi rimane sono le sue mani sui seni
E quel mio saluto educato.
*
Quella volta che
Mi sono agitata tra le tue braccia
Non volevo toccare le tue labbra
Sono la tua musa mi dici
Sei un artista ben conosciuto
Io pensavo che a casa tua
Ci potessimo sedere a tavolino a discutere
Intelligenze e creazione
Ti ho telefonato per scusarmi.
*
Quella volta che
Mentre siamo in macchina
Mi sei venuto addosso
Senza preavviso
Imponendomi quello di cui avevo voglia
Per poi rinfacciarmi
La responsabilità d’essere io a compiacermi
Di avere gli uomini intorno
Di divertirmi ad accenderli
Coi miei vent’anni mentre tu ne hai più di quaranta
E la tua amica mi dirà che
Peccato che io non abbia capito
Che sei ricco e solo
E che avresti potuto offrirmi molto.
*
Quella volta che
Sei venuto a trovarmi
Una sorpresa
Ti sei fatto accompagnare in moto dal tuo amico
E mi hai portato in un luogo appartato
Cosi romantico pensavo io
Ero innamorata
E le tue mani, i tuoi baci
Mi davano calore
Pensavo fosse amore
La tua ragazza era ancora nella tua vita
Perché con lei potevi scopare
Mi ha spiegato tutto quasi scientificamente
Come siamo noi donne
Per colpevolizzare la mia indecisione
Stupida
Ho rovinato la tua giornata
Pensavi di farti un giro, una bella scopata.
*
Quella volta che
Camminavo tranquilla
Sulla stradina che porta alla spiaggia
Le mani occupate dalle pinne e dall’asciugamano
Una botta cosi forte
Un dolore che rimonta lungo tutta la schiena
Una pacca in culo
Cerco di capire il percorso mentale che vi ha portato alla decisione
Dai che le diamo un bello schiaffo alle chiappe
Uno scherzo, dai
Ci divertiamo, dai
Sono in pantaloncini corti, vado al mare
Siete passati di volata al mio fianco in motorino
Il mio corpo s’è quasi sollevato al colpo
E avete continuato, ridevate
Sorpresa
Umiliata
Il dolore
Avrei dovuto reagire
Invece sono lì con le braccia pendenti
A dirmi con rabbia che con le pinne che ho in mano
Avrei dovuto massacrarvi mentre siete in corsa
Siete già lontani
Dimenticherete, dopo aver raccontato fieri
La vostra bravata
Agli amici davanti a una birra ghiacciata.
*
E sei l’adulta che ammiro
Da cui vorrei essere ammirata
E so che invece non è così
Ma io ci provo, ti cerco
Durante il doposcuola
Dove ci segui
Preadolescenti che ancora si ignorano
Con problemi inutili di matematica
Dopo la lezione quando
La tua autorità d’insegnante
Si inginocchia al gioco della complicità
Per sembrare più vicina
Siamo sedute sul muretto
Davanti alla scuola
Sono venuta da te per capire
Per farmi spiegare, perché tu dovresti sapere
E tu mi dici che è normale
Che anche tu ne sei al corrente
Che anche tu lo sai
E allora le voci diventano verità
Mi fai sentire una bambina che non capisce niente
Ancora immatura
Nei miei 11 anni
Questo mio percepire
Un disequilibrio
Son cose che succedono
Tra un uomo e una donna
Insisti
(Tu lo sai, tu sì che sai)
Quello che si racconta
Non ha niente di eccezionale
Il professore di musica
È un uomo anche lui
Ha semplicemente abbracciato la sua studentessa
di 15 anni.
Testo di Andreamina965
Illustrazione di Arianna Farricella
Progetto Me too
Questa carrellata di quotidiane molestie e abusi tratteggia con piccoli tocchi precisi la “banalità del male”, del quale ancora troppo spesso le donne stesse sono complici: chiedendo scusa, non riconoscendo le molestie per quel che sono o, addirittura, tollerandole come fosse un dovere per le donne accettarle
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Vero, anche se non userei la parola complicità, nel senso che rimanda a una responsabilità che sì, abbiamo come donne, ma nel senso dell’assimilazione di un lavaggio mentale, comportamentale, sociale, millenario. Dura liberarsene di botto, sopratutto per le donne, sempre comunque responsabili e colpevoli di tutto.
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Sì, perché è talmente ovvio per una donna subire tutto questo che diventa banalità. Sei donna, sei tu che susciti queste reazioni, sei tu che fai venire certi desideri, per come sei, perché sembri fatta solo per ‘quello’ non per discutere, per imparare, per studiare… sei tu che ti sei messa i pantaloncini corti per andare al mare, dunque pretendi forse di suscitare altro? La violenza, l’arroganza nella quotidianità… io ci leggo questo.
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Trovo l’illustrazione del testo molto forte, perché rimanda appunto a questa arroganza che lascia la traccia delle mani sulle chiappe, mentre lei guarda avanti, con un cielo immenso che evoca tutte le libertà possibili. La sculacciata come un marchio di punizione anche per il semplice pensiero di potersi permettere una vita di libere scelte, individuali, scollegate da ogni relazione agli altri (a cui le donne sono sempre rimandate), da conseguenze.
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Stordisce nella sua verità. Piccoli enormi episodi che tante donne, forse tutte, subiscono. Alcuni di questi avrei potuto raccontarli anche io, ma quello che mi scandalizza di più è la professoressa che non conforta, non si indigna, ma nella mente di una ragazzina mette l’idea di una normalità di violenza che dovrà subire per tutta la vita. Intollerabile.
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sottoscrivo millemila volte (non la prima parte, la seconda)
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Molte le figure in posizione d’autorità, quindi già con un potere in mano a causa del sesso, dell’età, dello status sociale: medico, artista… Ma quello dell’insegnante è sì il più terribile, per l’impronta che lascerà e che non dovrebbe essere come quella della pacca in culo, nel culo dell’anima di una ragazzina che cerca di capire il mondo che le sta davanti.
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Esatto. Mia figlia ha proprio 11 anni. Alle elementari hanno fatto Educazione all’affettività dove è stato loro spiegato che nessuno ha diritto di farti qualcosa che non vuoi, partendo dal concetto basilare del valore della persona. Un docente sbagliato può fare veramente danni
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Rassicura vedere che le cose cambiano!
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Speriamo che serva.
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Ogni cambiamento serve.
Anche quelli spesso screditati in Italia come ridicoli o superflui. Penso ad esempio alla trasformazione del linguaggio (per es. l’uso del femminile in professioni che denominiamo solo al maschile ), all’educazione basata sul genere… Tutto serve. Perché sono semi di un futuro diverso.
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Lo penso anche io. L’altro giorno ho postato un articolo sulla Legge di Bilancio 2019 che non proroga il congedo retribuito di paternità. Una donna ha commentato che alla fine erano solo 4 giorni e non le sembrava poi grave. L’attenzione di genere passa anche attraverso la parità di trattamento al lavoro, quindi per me questo è un segnale forte, non sono solo 4 giorni
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Vivere in un mondo dove:
– il congedo si chiama parentale perché può essere preso da entrambi i genitori. Un anno in totale, possono separarlo come gli pare;
– i genitori possono essere sposati o no, non fa differenza;
– i genitori possono essere un papà e une mamma, due mamma, due papà;
– i genitori possono essere adottivi.
Fa parte di quei cambiamenti che trasformano la concezione dei rapporti familiari e conseguentemente le relazioni donna-uomo, alla base di una trasformazione egualitaria della società. A sua volta alla base della lotta contro la violenza fatta alle donne.
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Spero di vederlo realizzare
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Existe di già, non in Italia per il momento…
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Una delle conquiste, che spero permanente, nel movimento Me Too, è proprio quella di mettere in evidenza e rendere inaccettabili tutti i comportamenti quotidiani di piccole-grandi violenze che erano considerate una normalità nella vita di tutte le donne e che si insinuano nella nostra educazione, colonizzano i nostri gesti e pensieri, penetrano nella pelle, nel corpo, nelle nostre libertà. Il bisogno di dire basta…
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Comportamenti inaccettabili che siamo costrette ad accettare come normalità, è proprio questa “banalità del male” che lo rende terribile.
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Che pelle d’oca e che rabbia a leggere questa testimonianza… sento l’eco di tante esperienze vissute da ragazzina e che con gli occhi di poi cambiano colore ma continuano a provocare punti interrogativi e dubbi e vergogna. Grazie di aver condiviso queste importantissime parole.
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Lanciamo altre parole perché l’eco cambi ❤
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E quel mio saluto educato… Ti ho telefonato per scusarmi… Ho rovinato la tua giornata…
La cosa più triste è il ricorrere, in parecchi di questi episodi, di un senso di colpa per inadeguatezza o per mancata reazione da parte di colei che ha subito le molestie. Orrendo quel medico.
ml
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Ancora in questi giorni nei media si parla del tribunale in Irlanda dove l’avvocatessa della difesa ha presentato un esemplare delle mutande in pizzetto che la vittima portava per giustificare la non responsabilità dell’aggressore. Il cambiamento del peso dell’aggressione non si è ancora spostato. È difficile allora per le vittime uscire dalla cappa soffocante del sentirsi responsabili, colpevoli.
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Grazie di cuore.
Sono infatti il simbolo dei frammenti di pensieri, nel cortocircuito mentale delle frazioni di secondo in cui l’aggressione ti cade addosso. Non ci si può preparare. Non ci si dovrebbe.
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Bellissimi. Lo so, non dovrei usare questo aggettivo. Ma sono potenti, efficaci, nella loro incisione, nel loro andare a capo. Come i pensieri. Spaccati, infranti. Violentato.
Un modo bellissimo di trasmettere il grido. E fa male.
Brava.
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Grazie a Tratto d’unione per quest’opportunità di lanciare nello spazio virtuale queste testimonianze, come i sassi che lanciamo in acqua. Contiamo i salti che faranno, i cerchi che diffonderanno. Un grazie tutto particolare a tutte quelle che hanno scritto, non è sempre facile risucchiare le memorie e metterle cosi, davanti agli altri. Grazie a chi commenta, con riflessione e sensibilità. È come una carezza quest’ascolto e apre alla fiducia nel cambiamento.
Perché ”La poesia è un’arma carica di futuro” (Gabriel Celaya)
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Sì hai ragione, è come una carezza quest’ascolto, che si fa strada in mezzo ai graffi e alle manate che troppo spesso ancora oggi le donne ricevono. Grazie a te, carissima, che insieme alle altre hai preso coraggio e “dato al mondo” i tuoi segreti. Ora abbiamo infine compreso che chi si deve vergognare non siamo noi.
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