L’idea viene a John Cusack, statunitense, famoso per essere un attore di Hollywood, meno noto per essere un impegnato attivista, che devolve parte dei suoi guadagni ad associazioni per i diritti civili, e un giornalista che ha scritto per l’Huffington Post dal 2005 al 2009.

Cusack pensa a un incontro, una conversazione a quattro con la scrittrice indiana Arundhati Roy, già sua amica, Edward Snowden e Daniel Ellsberg.

Arundhati Roy, indiana, è famosa anche lei, per aver scritto nel 1997 un romanzo tradotto in tutto il mondo: Il dio delle piccole cose, e nel 2017 il suo secondo romanzo: Il ministero della suprema felicità. Anche nel suo caso è meno noto il suo impegno politico e l’interesse che nutre per la causa della giustizia sociale, nonché la grande quantità di saggi e articoli che ha pubblicato dal 1998 a oggi.

Edward Snowden è famoso anche lui. Informatico ex CIA (Central Intelligence Agency) e NSA (National Security Agency), viene accusato di alto tradimento dal governo degli Stati Uniti per aver diffuso, nel 2013 all’età di 30 anni, le informazioni riguardo i programmi di sorveglianza di massa degli USA e della Gran Bretagna. Oggi vive a Mosca da rifugiato in esilio politico, perché gli Stati Uniti lo vorrebbero “morto, in carcere o comunque zitto”, come dice Michela Murgia.

Il quarto invitato è Daniel Ellsberg, che intorno alla metà degli anni Sessanta, dopo essersi laureato con lode ad Harvard, venne reclutato dal Pentagono e cominciò a collaborare alle strategie di guerra nel Vietnam. Ma la sua coscienza gli impedì di sorvolare sugli orrori che quel conflitto imponeva alla popolazione civile vietnamita. Così, nel 1971 all’età di 40 anni, consegnò un dossier segreto alla stampa per rivelare ciò che gli Stati Uniti stavano davvero facendo in Vietnam.

Quelli come Ellsberg e Snowden oggi si chiamano whistleblower, cioè quelli che fanno le soffiate. “Spioni o patrioti? Loro si considerano patrioti, non solo della loro nazione, gli Stati Uniti, ma soprattutto del genere umano” dice ancora Michela Murgia.

I quattro si incontrano nel 2015 a Mosca e la conversazione verte sui temi della geopolitica mondiale, del divario tra Oriente e Occidente, dei rischi della globalizzazione economica, dei danni del neoliberismo, dell’ISIS, delle responsabilità degli Stati Uniti sulle guerre di oggi.

È una lettura interessante, anche se breve, e ha il pregio della leggerezza tipica delle conversazioni tra amici. Ha invece il limite di non aver approfondito nessuno dei temi trattati e di non aver fatto sentire davvero la voce di Snowden, figura che rimane silenziosa sullo sfondo. Ma resta un libro indubbiamente utile per sollevare lo sguardo e usare senso critico su questioni di interesse mondiale, quindi anche personale.

Arundhati Roy, John CusackCose che si possono e non si possono dire, Guanda 2016