«Buongiorno.»
«Buongiorno, dottore.»
«Prego, si accomodi pure disteso sulla foglia. Come è andata questa settimana?»
«Non molto bene. L’ho fatto di nuovo.»
«Mi racconti.»
«È stato l’altra sera. Una temperatura ideale, brezza e cielo limpido.»
«Prego, continui.»
«Ho avvertito la loro presenza a distanza. Erano almeno in una dozzina… no, molte di più, ma una dozzina erano quelle più vicine a me.»
«Che cosa stava facendo in quel momento?»
«Nulla. Cioè, stavo cercando cibo, come tutte le sere, e quando ho visto quelle luci… ecco, nonostante la terapia… non ho capito più nulla.»
«Che cosa ha fatto?»
«Il solito. Ho prima studiato i loro movimenti e le loro emissioni, regolari. Poi ho visto una di loro che si è allontanata dal gruppo. Ne ho osservato l’intervallo di emissione, l’ho calcolato al centesimo, forse millesimo, di secondo.»
«…»
«Quando sono stato sicuro, ho iniziato ad emettere anch’io. Preciso, come e anzi più di un orologio svizzero. Ero certo che mi avrebbe notato, che l’avrebbe colto… sa… io non sbaglio… e poi, una luce come la mia, gliel’ho già detto, non passa mica inosservata…»
«Sì, questo lo so, me l’ha già detto. Vada avanti.»
«Sì, insomma, io non volevo mangiarla, capisce? Quando si è avvicinata a me, ecco, ho continuato a dialogare, e lei non all’inizio non si accorgeva di nulla… d’altronde, la mia luce, gliel’ho già detto, è un bagliore che confonde…»
«Sì, le ripeto che me l’ha già detto. Prosegua.»
«Dottore, cosa altro devo dirle che lei non abbia già capito? Era piccola e indifesa, le sue carni dolci e tenerissime. Ho iniziato a giocare con lei, le ho offerto compagnia… l’irresistibile attrazione di poterla prendere e avvolgere come il vento alla schiena…»
«E…»
«E poi…»
«…»
«…»
«Non credo che il nostro percorso di cura possa proseguire ulteriormente, dopo questo ennesimo episodio. Nella tutela del segreto professionale, non è mia possibilità denunciarla alle autorità competenti, ma le comunico che qui finisce il mio compito. Le consiglio fermamente di rivolgersi al servizio psichiatrico territoriale per evitare ulteriori danni.»
«Dottore…»
«Arrivederci»
«…»
Nota alla lettura (nella quale lo scrivente si limiterà al riferimento scientifico e volutamente si esenterà dall’esprimere, al meglio delle sue possibilità, giudizi di valore, interpretazioni o paragoni legati ad un sempre-in-agguato “sguardo antropomorfo”):
i coleotteri della specie Pyrophorus nyctophanus sono in grado di ingannare ed attirare a sè le lucciole, riconoscendo il segnale e mimando l’intensità e gli intervalli di emissione della luminescenza della preda. Gli organi sensoriali delle lucciole sono in grado di percepire variazioni di intensità luminosa minime e di intervallo di tempo nell’ordine di frazioni di secondo: attirarle a sé significa riprodurre con assoluta accuratezza il segnale emesso.
“7 unità di misura” : testi di Ammennicolidipensiero
Illustrazioni di Davide Lorenzon CRT2
Progetto I magnifici 7
Sempre più, leggendo i tuoi bellissimi racconti, mi convinco di che strani, eccezionali animali siamo, noi della specie umana. Abbiamo tutte queste pulsioni predatorie che riconosciamo, classifichiamo e che cerchiamo di mettere sotto controllo con regole e leggi, che le imbriglino e ci spostino verso una convivenza che chiamiamo civile, per inseguire ciò che chiamiamo giustizia.
Poi basta un attimo, qualcuno che urli sporco negro per esempio, e ci scordiamo di millenni di progresso, invece di luci tiriamo uova e nemmeno il miglior servizio psichiatrico di zona riuscirà a risolvere la situazione.
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Abbiamo delle pulsioni predatorie a cui spesso dare un nome e classificarle come “biologicamente contemplabili” fa paura. Questa è una di quelle e l’argomento è scottante, mi accorgo che è tutt’altro che facile distinguere etica da biologia.
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Sbalorditivo. Gli stratagemmi che madre Natura è in grado di metter in atto sono davvero incredibili. Lo stile che hai dato tu al racconto invece è esilarante. Mi sono immaginata il coleottero steso sulla foglia e nonostante la drammaticità della sua ammissione, c’è quel senso di compiacimento e esaltazione che rende il tutto surreale
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Hai fatto centro: nella tastiera la biologia e negli occhi un film di Woody Allen. 😉
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ah vedi. lieta di averlo colto ;P
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PS. Le immagini di Davide per 7 unità di misura sono bellissime
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Concordo e rilancio: al di sopra di ogni aspettativa!
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“l’animale creativo” che è in me, ringrazia.
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L’ha ribloggato su ammennicolidipensieroe ha commentato:
Le sette unità di misura, sesta puntata: la candela. Una storia di luce e di buio.
P.S. abbiate pazienza se non rispondo in tempi brevi: sono in ferie con connessione non sempre garantita (anzi… il che non è necessariamente un male).
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Inquietante… qui è davvero difficile non saltare subito nel nostro ambito …. Davide: illustrazione stupenda!!!
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A guardarla dal punto di vista biologico, ogni stratagemma di questo tipo è in realtà una piccola magia. Certo, quando si mette di mezzo l’etica umana le cose si complicano, e diventano sì inquietanti…
E sì, bravo Davide!
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Molto, molto bello. La povera lucciola defunta si chiamava Nina, per caso? 😉
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Bel nome! Sì, direi che le si adatta proprio bene! 😛
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Luce, luce lontana che si accende e si spegne…
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Sembra proprio che l’abbia scritta per me 😀 😉
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