Asina, mula creativa, chiamo grandine a catinelle.
Schianto di erranti sbagli sul cemento, trapano buchi senza indugi, riattivo neuroni smarriti.
In rugiada notturna riposo stremata su tela sottile di ragno, pure io ululo alla luna.
Sola, come tocca ad ognuno, dentro.
Chiamo timpani e ossicini all’ordine, prodigo maggiori cure, aguzzo baffi, riscruto l’orizzone.
Voglio.
Ok, va bene, lo rivoglio un po’ meglio.
Raglio a tutto spiano nella valle.
Richiamo nipoti, figli, fratelli e sorelle, genitori, dal sangue al cuore.
Ricrescano capelli colorati e spessi, grappoli di pensieri in parole bene espresse.
Ritorno sui miei passi e li marco stretti.
Infiniti errori segnatemi il sentiero: recidiva!

Questo testo è il brano che dà il titolo all’album e lo prendiamo come una dichiarazione programmatica di intenti, una spiegazione poetica dell’anima, la confessione delle timidezze, un riassunto delle puntate precedenti. La condivisione dell’emozione provata nell’accorgersi di volere di nuovo tuffarsi, lanciarsi nel vuoto spargendo semi di bellezza e consapevolezza, parole di condanna, d’amore. Un regalo di umiltà, un mostrarsi tra spavento e libertà, un richiamo al coraggio che serve per seguire la propria natura di mula creativa e, per fortuna, recidiva.

«Il mio ultimo album Recidiva rappresenta questi quindici anni spesi a cercare dentro altra musica e con altri pensieri. Sono tornata perché avevo molta voglia di rimettermi a cantare anche pop e per me pop significa comunque popolare.»

Mara Redeghieri (1961) quando cantava negli Üstmamò, gruppo musicale attivo dal 1991 al 2003, a quelli come me è entrata sotto la pelle, come l’inchiostro di un tatuaggio. Ora che ho potuto ascoltare il suo primo album da solista Recidiva, uscito tre settimane fa, ho capito che negli Üstmamò Mara Redeghieri era qualcosa di più di una bella presenza con una bella voce. Ritroviamo infatti in questo suo album molte delle sonorità che caratterizzavano gli Üstmamò. Inoltre i testi, tutti scritti dalla cantante, hanno lo stesso stile e linguaggio, la stessa poetica e visione del mondo che tanto ci piaceva nella vecchia band.

Cosa ha fatto questa musicista negli ultimi quindici anni? Oltre ad insegnare inglese nel paese dell’appennino reggiano dove abita, ha fondato un coro di voci femminili, Le falistre e i fulminant (le scintille e i fiammiferi).
Da un’intervista rilasciata da Mara Redeghieri al giornale online dell’appennino reggiano Redacon:

«Abbiamo scelto il dialetto per dare connotazione locale e definire il nostro spirito, ironico e gioioso. Ecco i primi accordi programmatici del coro: chiunque potrà entrarne a far parte, che il canto popolare è clemente anche con gli stonati; le canzoni dovranno essere cantate a due voci con l’alto e il basso, da sole ragazze; i musicisti porteranno pazienza con le ragazze e diventeranno la colonna portante della struttura; ci riuniremo un giovedì al mese nelle rispettive case dei partecipanti portando qualcosa da bere e da mangiare.
L’idea mi è arrivata per controbattere cose del mondo contemporaneo che purtroppo mal sopporto: il traffico, il karaoke, i dj… La scelta di repertorio non è semplice, le canzoni devono essere facili, orecchiabili e allegre, provenienti dal nostro territorio e da quello che cantavano i nostri vecchi alle sagre e in osteria. Molte le cantava già mia madre in casa durante le faccende domestiche: Sveglia mulinaio, Pellegrin che vien da Roma, Dai Tognet, Sento il fischio del vapore, Sciur padrun… Aggiungiamo poi alcuni brani nel nostro dialetto locale.»

Ha inoltre intrapreso un percorso di ricerca musicale sfociato nel progetto Dio Valzer del 2010, una raccolta di canti di rivolta, partigiani e anarchici, seguito nel 2015 da Attanadara, che continua l’indagine sul canto popolare di ribellione e che viene portato in tourneé in giro per l’Italia.

Poi ha scritto per Gianna Nannini il testo della canzone Meravigliosa creatura (grazie al quale sostiene di essersi pagata finalmente la casa).

Infine tre anni fa ha gentilmente declinato l’invito a riunirsi agli Üstmamò, i quali si sono comunque ritrovati senza di lei e nel 2015 hanno pubblicato l’album Duty free rockets.

Con il progetto Dio valzer / Attanadara era iniziata una collaborazione tra la Redeghieri e Stefano Melone, musicista già presente nelle creazioni di cantanti come Fossati, De André, Bennato, Noah, Bertoli, Ramazzotti, Mannoia e altri ancora. In Recidiva ritroviamo la sua presenza proprio come produttore.

Il primo video che vi propongo è quello della canzone Augh tratta da quest’ultimo album.

Augh

Noi avere macchina molto potente
Noi avere internet connection
Credit cards
Noi avere casa, lavoro, badante cameriere
Un bypass nel cuore, un piccolo tumore
Quindi noi avere tutti i diritti di godere
Noi volere bene a badante cameriere
Come a nostro cane a seconda dell’umore
Basta stringere corda al collo senza esagerare
Se ti vuoi salvare devi lavorare
Nella grande fabbrica c’è posto speciale
Lavorare in nero per diciotto ore
Vieni a costruire il nostro mondo migliore
Grandi capi bianchi niente può fermare
Sempre più petrolio tanto più potere
Guai se tu sbagliare, se non ce la fare, essere tua colpa se la vita ti va male
La rivoluzione non ti fa mangiare
Questo grande sciopero fa male, fa male
Meglio fare a modo, torna nell’ovile
Guarda che programmi che ci sono alla tv
Noi gestire fabbrica molto efficiente
E fare tutto in serie più velocemente
Inquinare aria, inquinare mare
Non è nostra colpa se non riesci a respirare
Noi avere immagine giusta, vincente
Buona produzione molto accattivante
Mangia questa mela, devi consumare
Ma chi se ne frega se la vita ti va male
Non ti lamentare, non è così male
Tanto a casa tua non avevi da mangiare
Ora mangi e dormi, ora sogni e speri
Che anche il tuo bambino possa avere la tv
Grandi capi bianchi niente può fermare
Sempre più petrolio tanto più potere
Guai se tu sbagliare, se non ce la fare, essere tua colpa se la vita ti va male
Essere tua colpa se la vita ti va male

Il secondo video invece è un live registrato da uno spettatore al concerto di Milano di qualche giorno fa, il 17 maggio 2017, dove la Redeghieri canta una vecchia canzone degli Üstmamò che mi piaceva moltissimo: Lieto evento finale, il cui testo è stato scritto per lei da Giovanni Lindo Ferretti.
Nel 1991 gli Üstmamò suonavano questa canzone con un ritmo deciso, privo di fronzoli, che teneva insieme la rabbia e la tristezza di questo brano. Purtroppo oggi la Redeghieri la ripropone con un’interpretazione meno intensa e con una sfumatura reggae che la rende troppo sdolcinata per i miei gusti. Tuttavia resta sempre una bellissima canzone.

Lieto evento finale

Vivo da imbranata da che sono nata
È demente che io sia quasi niente
Ero un’occasione sorprendente
Fondo abissale non ancora scandagliato
Un terminale da tutti ignorato

Tu, bocconcino indigesto
Spalla spiovente, occhio pesto
Tu sei un cretino, un bel bambolino, insufficiente soldatino
Uffa che palla non sei una farfalla
Solo una larva che sbava e che parla

Io voglio un lieto finale

Voglio cullarmi se mi pare
Dai guariscimi il mio male
Io voglio un lieto finale

Se credi ai Puffi si può provare
Da che parte vuoi cominciare
A risucchiare a sbattacchiare

Io voglio un lieto finale