L’ho letto fino in fondo questo libro. E non è stato facile. Prima di tutto perché è una lunga inchiesta e, in quanto tale, piena di riferimenti di cronaca, storia, geografia e politica non proprio semplici da decifrare. Poi perché è la fotografia di come la produzione e la vendita di questa sostanza influenzi il mondo che ci circonda. Che ci circonda. Come un abbraccio. E come un abbraccio modifica la nostra percezione, la nostra temperatura corporea, la nostra posizione. Molto più di quanto ci piaccia credere. Ecco l’incipit del libro:
“La coca la sta usando chi è seduto accanto a te ora in treno e l’ha presa per svegliarsi stamattina o l’autista al volante dell’autobus che ti porta a casa, perché vuole fare gli straordinari senza sentire i crampi alla cervicale. Fa uso di coca chi ti è più vicino. Se non è tuo padre o tua madre, se non è tuo fratello, allora è tuo figlio. Se non è tuo figlio, è il tuo capoufficio. O la sua segretaria che tira solo il sabato per divertirsi. Se non è il tuo capo, è sua moglie che lo fa per lasciarsi andare. Se non è sua moglie è la sua amante, a cui la regala lui al posto degli orecchini e meglio dei diamanti. Se non sono loro, è il camionista che fa arrivare tonnellate di caffè nei bar della tua città e non riuscirebbe a reggere tutte quelle ore di autostrada senza coca. Se non è lui, è l’infermiera che sta cambiando il catetere di tuo nonno e la coca le fa sembrare tutto più leggero, persino le notti. Se non è lei, è l’imbianchino che sta ritinteggiando la stanza della tua ragazza, che ha iniziato per curiosità e poi si è trovato a fare debiti. Chi la usa è lì con te.”
Roberto Saviano è un giovane uomo molto intelligente che ha il dono sfortunato di vedere con chiarezza le implicazioni dell’uso criminale dell’economia nel tessuto sociale, nella vita dei singoli, nella distruzione del pianeta. Una visione che ci spaventa e che non ci piace guardare. Ma inoltrarsi sempre più a fondo nei mondi che si lasciano solo intravedere gli è necessario a nutrire la sua fame di libertà. Ecco cosa scrive di questo libro:
“Scrivere di cocaina è come farne uso. Vuoi sempre più notizie, più informazioni, e quelle che trovi sono succulente, non ne puoi più fare a meno. Sei addicted. Anche quando sono riconducibili a uno schema generale che hai già capito, queste storie affascinano per i loro particolari. E ti si ficcano in testa, finché un’altra – incredibile, ma vera – prende il posto della precedente. Davanti vedi l’asticella dell’assuefazione che non fa che alzarsi e preghi di non andare mai in crisi di astinenza. Per questo continuo a raccoglierne fino alla nausea, più di quanto sarebbe necessario, senza riuscire a fermarmi. Sono fiammate che divampano accecanti. Assordanti pugni nello stomaco. Ma perché questo rumore lo sento solo io? Più scendo nei gironi imbiancati dalla coca, e più mi accorgo che la gente non sa. C’è un fiume che scorre sotto le grandi città, un fiume che nasce in Sudamerica, passa dall’Africa e si dirama ovunque. Uomini e donne passeggiano per via del Corso e per i boulevard parigini, si ritrovano a Times Square e camminano a testa bassa lungo i viali londinesi. Non sentono niente? Come fanno a sopportare tutto questo rumore?”
Come “Gomorra” dovrebbe essere studiato nelle scuole italiane, “Zero zero zero” dovrebbe esserlo nelle scuole di tutto il mondo.
Roberto Saviano – Zero zero zero, Feltrinelli 2013
Devo essere sincero: a casa ho sia Gomorra, sia quest’ultimo. Mia moglie ha cominciato Zero Zero zero, ma l’ha interrotto quasi subito. Ora leggendo il tuo post, mi sta venendo l’idea di leggerne almeno uno dei due.
Devo dire però che si è creata in me una coppia di sensazioni antitetiche rispetto a Saviano: da una parte una sorta di compassione nei confronti di un uomo che non ha più una vita. Dall’altra, quasi un po’di orticaria per un personaggio che viene ormai dipinto come un guru alla Sai Baba, quando parla lui cala il silenzio e tutti ad ascoltarlo. Certo, ciò che racconta fa scalpore, ma una volta mi sono chiesto (provocatoriamente): e se ciò che racconta non fosse vero? Non è possibile un contradditorio con lui, perchè parla di cose che in teoria sanno in pochi e quei pochi sono persone poco raccomandabili! Ma è veramente così?
Ripeto: la mia è una provocazione, tuttavia mi chiedo cosa sarebbe stata la sua vita senza Gomorra.
scusa per lo sproloquio!
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Ti rispondo più giù 🙂
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Non ho ancora affrontato Saviano, credo per timore. Come se leggendolo poi vedessi anch’io quel fiume sotterraneo. Sempre. Come se non volessi perdere l’innocenza che pure non c’è più da un pezzo
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Ecco, diciamo che chi sa scrivere, le cose le dice in modo corretto. direi che Pendolante ha espresso un’altra sensazione che provo a vedere un libro di Saviano. Grazie Pendolante!
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Lo scrivo con un po’di vergogna, Stefano. Prima o poi i fiumi vanno affrontati
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Ti rispondo più giù 🙂
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il mio primo impatto con zerozerozero fu questo, non proprio positivo (soprattutto come valutazione dal punto di vista letterario, su uno stile che comunque, ammetto, non mi fa impazzire – vedi discorso baricco): http://www.linkiesta.it/saviano-zero-zero-zero-recensione
che ne pensi?
nonostante ciò, decisi comunque ugualmente di comprarlo ed iniziarlo, ma andò in porto solo il primo intento, confesso. è ancora sullo scaffale in lista d’attesa; devo rimediare presto.
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Ecco, dopo aver letto l’articolo de Linkiesta, posso dire che l’idea di provarci si richiude nel cassetto.
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mah, in realtà a me la voglia di leggerlo, almeno per il contenuti, rimane…
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Sui contenuti non discuto. Per rispondere anche a Pendolante, io non penso che ci si debba vergognare, io mi vergogno per esempio di non aver mai studiato bene la Divina Commedia (e ho fatto il classico!). Sono d’accordo che il giornalismo di inchiesta sia un buon modo per conoscere gli aspetti più fastidiosi e scandalosi della nostra realtá italiana. Però ribadisco che è stato costruito un personaggio-Saviano che non mi piace e che non condivido (in questo credo che anche Fazio abbia contribuito al processo di mistificazione).
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Ti rispondo più giù 🙂
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Ciao, rispondo a tutti da qui perché insieme avete aperto un dibattito, che soddisfazione!
L’articolo di Christian Raimo, citato da Ammenniccolidipensiero, è molto interessante. Tuttavia anche molto lungo e mettermi qui, ora, a questionare sui vari punti che mi hanno lasciata perplessa rischia di diventare parecchio noioso. Perciò, sintetizzando, dico che secondo me Saviano fa anche una bella vita: insegna negli Stati Uniti, scrive e legge un casino, incontra persone interessanti e importanti, ha il tempo che gli serve da dedicare alle cose che gli piacciono. Ma: è sotto scorta, perciò la sua libertà è limitata. Anche la mia però lo è, devo andare in ufficio tutti i giorni e i miei sogni vanno a farsi benedire. Ma: lui ha qualche altra difficoltà, per esempio problemi morali e pratici nel coinvolgere affettivamente qualcuno nella sua routine e questo è un grande sacrificio, ammettiamolo. Non se lo aspettava nemmeno lui quando ha pubblicato Gomorra di dover rinunciare a tanto. Ma: il peggio, quello che è veramente grave, è che rischia la vita perché lo vogliono ammazzare. Quindi sembra abbastanza ovvio che sia diventato personaggio. Non sono un’esperta ma sospetto che renderlo quanto più famoso, visibile, seguito e, se possibile, amato possa essere anche un modo per proteggerlo. Sinceramente non mi sembra molto utile soffermarmi sulle sue capacità di scrittura, sulle sue scelte stilistiche, su quanto questo libro “cerca l’effetto, come fanno appunto i performer”, come fa appunto una droga performante come la cocaina. Il libro è importante per il suo contenuto, per quello che rivela, ci racconta qualcosa che non è facile da vedere anche se si trova sotto i nostri occhi. Poche settimane dopo aver finito di leggere questo libro rimasi colpita nell’apprendere da un quotidiano che era stato arrestato uno dei più importanti criminali citati da Saviano. Quello che mi procurava il maggior piacere, scusate il narcisismo, era il poter comprendere appieno la portata di quell’arresto, riuscire ad immaginare cosa aveva significato riuscirci. Saviano ha, in questo momento della sua vita – gli auguro che passi – la necessità di essere insieme a tutti noi, ha bisogno di sapere che non lo lasceremo solo, abbandonato ed esposto e, suppongo anche per questo, ci offre regali tanto, tanto, preziosi come questo libro.
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Sono d’accordo con te, la notorietà lo tutela, lo protegge, se è possibile. Per quanto libero di fare molto, molto gli è precluso. Lo inviteremmo a cena a casa nostra sapendo di mettere in pericolo la nostra famiglia? Quante relazioni gli sono negate? Poi sinceramente non credo che si debbano valutare i suoi scritti da un punto di vista letterario, non è romanziere, ma civile, giornalista. Li ho in casa i suoi libri e lo leggerò.
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